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venerdì 4 settembre 2015

Ma tu guarda chi si rivede! - Parte seconda

Dieci anni fa, dopo aver finito di lavorare, mi fermai in un negozio per salutare un’amica, e tra una chiacchierata e l’altra, decidemmo di berci un caffè. Stranamente, invece di andare al solito bar, mi portò nel locale dove lavorava Marco.
Da quel giorno (dopo il lavoro) andare a bere il caffè da Marco era diventata un’abitudine...
Qualche settimana dopo mi invitò ad uscire. Accettai! Iniziammo a frequentaci e parecchi mesi dopo, una sera in macchina, mentre lui parlava e guidava senza badare agli incroci e ai segnali, qualcuno ci tamponò (per fortuna nessuno di noi si fece male) Marco, dopo aver constatato che non avevo nulla di rotto, scese dalla macchina e andò di corsa a vedere in che situazione stava la persona che ci aveva investito. Ben quattro donne scesero dalla macchina “Perfetto!” pensai.
Un'istante dopo scoppiarono tutti a ridere. I minuti passavano e loro non smettevano di ridere, forse erano ubriache, o fatte, o sceme. Vidi una di loro fare dei gesti nella mia direzione, Marco si voltò a guardarmi dopodiché, sempre ridendo si allontanarono di almeno una ventina di metri. Non potendo sentire quello che dicevano, a mia volta scesi dalla macchina, feci pochi passi verso di loro e mi accorsi di zoppicare, sentivo dolore al ginocchio sinistro, sicuramente, senza rendermene conto avevo sbattuto contro il cassettino della macchina durante l'urto. Tornai indietro, mi appoggiai allo sportello della macchina e misi in funzione le antenne…
Marco, preso ormai da quelle, si era completamente dimenticato di me. Lo sentii dare il numero di telefono a tutte e quattro, a quel punto lo chiamai urlando. Lui si voltò a guardarmi, stavo mandandogli segnali di fumo col fumo che mi usciva dal naso. A quel punto una di loro disse: Marco, la tua ragazza ci sta guardando male!>>. Volete sapere quale fu la sua risposta?!

<<Non è la mia ragazza, è solo una conoscente e le stavo dando un passaggio.>>. Dopo aver sentito quelle parole non capii più niente…
Non so quanto tempo passò prima che il gallo si decidesse a congedare le galline e tornare da me, avevo perso la cognizione del tempo. "Basta!" esclamai a voce alta, entrai in macchina sbattendo lo sportello. Poco dopo lo vidi tornare saltellando. Sprizzava felicità da tutti i pori. Entrò in macchina e mi guardò con un’espressione da ebete dipinta sul viso. A quel punto esplosi!
<<Una conoscente?! >> urlai.
<<Cosa avrei dovuto dire? Che ti ho chiesto di metterci assieme e non mi hai ancora dato una risposta?>> disse con tono sarcastico. 
Stavamo discutendo proprio di quello in macchina prima del tamponamento, se metterci insieme o meno. Non ero sicura dei miei sentimenti per lui, mi aveva già raccontato un sacco di balle e glielo feci notare in più di un’occasione. Una sera gli dissi: “I bugiardi devono avere una buona memoria, allenati di più o fai una buona cura di fosforo.” Mi rispose dicendo: “Tua mamma doveva farti con meno tette e più cervello!”. Potevo mai stare con uno così? Lo guardai dritto negli occhi.
<<Sei uno stronzo, un cafone e un maledetto bugiardo! La mia risposta è no.>>. Girò la chiave ma il motore non si accese. Ci riprovò ancora e ancora, niente da fare, la macchina era deceduta. Iniziò a telefonare a destra e a manca, amici impegnati e non disponibili. Alla fine si decise a chiamare il padre il quale, dopo un paio di imprecazioni e venti minuti dopo, arrivò con la moglie. Durante tutto il viaggio evitai non solo di parlargli, ma anche di guardarlo. Ero troppo arrabbiata e delusa. Scambiai solo poche parole con suo padre, più che altro mi limitai a rispondere alle sue domande.
Arrivati sotto casa ringraziai e salutai i due coniugi con una stretta di mano, scesi dalla macchina e a quel punto il signor A. disse al figlio: <<Te lo devo dire io di accompagnare la tua ragazza al portone?>>. Non volevo che mi accompagnasse, ma lo fece.  Sentivo male al ginocchio e volevo imprecare. Che serata di merda pensai. Arrivati al portone mi prese per un gomito e disse: <<Il tempo di arrivare a casa e ti chiamo.>> A quel punto non ci vidi più, volevo schiaffeggiarlo e cavargli quegli occhi insolenti, ma mi limitati ad un educato: <<MAVAFFANCULO!>>.
Mi telefonò tutti i giorni, più e più volte al giorno; gli risposi dopo due settimane perché non ne potevo più, gli dissi che tra noi due non poteva esserci niente.
Non me ne fregava un bel niente delle sue telefonate, delle sue scuse, giustificazioni, e nemmeno del fatto che passava e spassava sotto casa mia urlando il mio nome.
Non ricordo come, ma alla fine per mia fortuna si rassegnò.

Oggi:

Mi alzo dalla sedia con molta grazia, frugo nella borsa per cercare il portafoglio, tiro fuori dieci euro e li poggio sul tavolo, a quel punto lo guardo dritto negli occhi e con un tono sensuale dico: <<Marco, sai cosa mi manda tanto in estasi?>> mi fermo un istante, un enorme punto interrogativo gli si materializzò in fronte tra un sopracciglio e l’altro <<Il modo in cui le donne ti mandano a quel paese.>> Giro i tacchi e mi avvio all'uscita con Maria e Silvia che mi seguono a ruota.

Marco è così, un arrogante presuntuoso. La sua bellezza serve a ben poco, e con una come me, può solo mettersela in quel posto…

Buona notte amici



Rebekah

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