Dieci anni fa, dopo aver finito di
lavorare, mi fermai in un negozio per salutare un’amica, e tra una chiacchierata
e l’altra, decidemmo di berci un caffè. Stranamente, invece di andare al solito
bar, mi portò nel locale dove lavorava Marco.
Da quel giorno (dopo il lavoro) andare a
bere il caffè da Marco era diventata un’abitudine...
Qualche settimana dopo mi
invitò ad uscire. Accettai! Iniziammo a frequentaci e parecchi mesi dopo, una
sera in macchina, mentre lui parlava e guidava senza badare agli
incroci e ai segnali, qualcuno ci tamponò (per fortuna nessuno di
noi si fece male) Marco, dopo aver constatato che non avevo nulla di
rotto, scese dalla macchina e andò di corsa a vedere in che situazione stava la
persona che ci aveva investito. Ben quattro donne scesero dalla macchina
“Perfetto!” pensai.
Un'istante dopo scoppiarono tutti a
ridere. I minuti passavano e loro non smettevano di ridere, forse erano
ubriache, o fatte, o sceme. Vidi una di loro fare dei gesti nella mia direzione, Marco si voltò a guardarmi dopodiché, sempre ridendo si allontanarono di almeno una ventina
di metri. Non potendo sentire quello che dicevano, a mia volta scesi dalla
macchina, feci pochi passi verso di loro e mi accorsi di zoppicare, sentivo
dolore al ginocchio sinistro, sicuramente, senza rendermene conto avevo
sbattuto contro il cassettino della macchina durante l'urto. Tornai indietro, mi appoggiai allo
sportello della macchina e misi in funzione le antenne…
Marco, preso ormai da quelle, si era
completamente dimenticato di me. Lo sentii dare il numero di telefono a tutte e
quattro, a quel punto lo chiamai urlando. Lui si voltò a guardarmi, stavo
mandandogli segnali di fumo col fumo che mi usciva dal naso. A quel punto una
di loro disse: Marco, la tua ragazza ci sta guardando male!>>. Volete
sapere quale fu la sua risposta?!
<<Non è la mia ragazza, è solo una
conoscente e le stavo dando un passaggio.>>. Dopo aver sentito quelle
parole non capii più niente…
Non so quanto tempo passò prima che il
gallo si decidesse a congedare le galline e tornare da me, avevo perso la
cognizione del tempo. "Basta!" esclamai a voce alta, entrai in macchina sbattendo
lo sportello. Poco dopo lo vidi tornare saltellando. Sprizzava felicità da
tutti i pori. Entrò in macchina e mi guardò con un’espressione da ebete dipinta
sul viso. A quel punto esplosi!
<<Una conoscente?! >> urlai.
<<Cosa avrei dovuto dire? Che ti ho
chiesto di metterci assieme e non mi hai ancora dato una risposta?>> disse con tono sarcastico.
Stavamo discutendo proprio di quello in macchina
prima del tamponamento, se metterci insieme o meno. Non ero sicura dei miei
sentimenti per lui, mi aveva già raccontato un sacco di balle e glielo feci
notare in più di un’occasione. Una sera gli dissi: “I bugiardi devono avere una
buona memoria, allenati di più o fai una buona cura di fosforo.” Mi rispose
dicendo: “Tua mamma doveva farti con meno tette e più cervello!”. Potevo mai
stare con uno così? Lo guardai dritto negli occhi.
<<Sei uno stronzo, un cafone e un
maledetto bugiardo! La mia risposta è no.>>. Girò la chiave ma il motore non si accese. Ci riprovò ancora e ancora, niente da
fare, la macchina era deceduta. Iniziò a telefonare a destra e a manca, amici
impegnati e non disponibili. Alla fine si decise a chiamare il padre il quale,
dopo un paio di imprecazioni e venti minuti dopo, arrivò con la moglie. Durante
tutto il viaggio evitai non solo di parlargli, ma anche di guardarlo. Ero
troppo arrabbiata e delusa. Scambiai solo poche parole con suo padre, più che altro
mi limitai a rispondere alle sue domande.
Arrivati sotto casa ringraziai e salutai i
due coniugi con una stretta di mano, scesi dalla macchina e a quel punto il
signor A. disse al figlio: <<Te lo devo dire io di accompagnare la tua
ragazza al portone?>>. Non volevo che mi accompagnasse, ma lo fece. Sentivo male al ginocchio e volevo imprecare.
Che serata di merda pensai. Arrivati al portone mi prese per un gomito e disse:
<<Il tempo di arrivare a casa e ti chiamo.>> A quel punto non ci
vidi più, volevo schiaffeggiarlo e cavargli quegli occhi insolenti, ma mi
limitati ad un educato: <<MAVAFFANCULO!>>.
Mi telefonò tutti i giorni, più e più
volte al giorno; gli risposi dopo due settimane perché non ne potevo più, gli
dissi che tra noi due non poteva esserci niente.
Non me ne fregava un bel niente delle sue
telefonate, delle sue scuse, giustificazioni, e nemmeno del fatto che passava e
spassava sotto casa mia urlando il mio nome.
Non ricordo come, ma alla fine per mia
fortuna si rassegnò.
Oggi:
Mi alzo dalla sedia con molta grazia,
frugo nella borsa per cercare il portafoglio, tiro fuori dieci euro e li poggio
sul tavolo, a quel punto lo guardo dritto negli occhi e con un tono sensuale dico:
<<Marco, sai cosa mi manda tanto in estasi?>> mi fermo un istante, un enorme punto interrogativo gli si materializzò in fronte tra un
sopracciglio e l’altro <<Il modo in cui le donne ti mandano a quel paese.>>
Giro i tacchi e mi avvio all'uscita con Maria e Silvia che mi seguono a ruota.
Marco è così, un arrogante presuntuoso. La
sua bellezza serve a ben poco, e con una come me, può solo mettersela in quel
posto…
Buona notte amici
Rebekah
Nessun commento:
Posta un commento